Il “catetere a dimora” può provocare danni?

Il cateterismo a permanenza espone il paziente a numerosissime complicanze, per cui, a nostro avviso, deve essere riservato solo a casi estremamente gravi (lesioni da decubito, scarsa collaborazione del paziente o del caregiver al cateterismo intermittente) dove non vi sia la possibilità di intervenire in altro modo, e solo dopo avere tentato tutte le altre soluzioni1. Vengono usati i cateteri tipo Foley a palloncino, a due o tre vie: ne esistono di vari materiali (lattice e teflon, in elastomero di silicone, in silicone puro, in lattice e teflon rivestiti di hydrogel) che consentono al catetere di poter rimanere all’interno della vescica per tempi diversi (da qualche ora no a tre mesi).
Tra le numerose complicanze indotte dal cateterismo a permanenza, ricordiamo le infezioni urinarie, i calcoli vescicali, le lesioni da decubito uretrali, le stole, la riduzione della compliance vescicale, le infezioni delle alte vie urinarie, le prostatiti, le orchiepididimiti, il tumore della vescica. Segnaliamo per inciso come, purtroppo, assai di sovente e in ambiente ospedaliero, il cateterismo a dimora venga usato per il trattamento dell’incontinenza urinaria: tale pratica, oltre ad essere terapeuticamente scorretta, espone il paziente a rischi inutili, facilmente evitabili mediante l’utilizzazione degli ausili adeguati.


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Tratto da "Blue Book - 201 risposte alla mielolesione" di Mauro Menarini e Judit Timar,
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