L’ASSISTENTE SESSUALE
Premettiamo che si tratta di uno dei pochissimi argomenti di “nuovo inserimento”, come appare chiaro a chi ha letto le edizioni precedenti di questo manoscritto. È un tema che ha visto negli ultimi anni una crescita di interesse e probabilmente anche un calo dei ltri e pudori educazionali e culturali, tanto che viene sempre di più affrontato anche in ambito scientico-congressuale. Inoltre il secondo Autore, nel frattempo “arruolato”, da qualche anno segue perlopiù mielolesi rientrati a casa dopo l’ospedalizzazione, fase in cui nalmente può emergere nella sua interezza la tematica (spesso problematica ed imbarazzante) dell’accesso alla sessualità, al di là degli aspetti più meccanicistico-farmacologici già affrontati, spesso solo in teoria, in fase acuta.
I mielolesi, i cui limiti sono sici, di solito acquisiti e per lo più in età adulta, sono in grado di intendere, volere ed esprimere la propria volontà, pertanto le loro possibilità a chiedere “assistenza” per gestire le proprie esigenze sessuali sono – almeno in teoria – maggiori rispetto ai soggetti con disabilità psico-relazionale magari congenita o acquisita in età molto precoce. La tipica gura del para-tetraplegico nei film e nelle fiction è generalmente quella di persona giovane o giovanile, piacevole/piacente, che conquista il cuore – e il letto – del/della coprotagonista, o ne viene conquistato. Ma la vita non è un film, prostitute/prostituti costano, quasi sempre non hanno referenze, e, come abbiamo già detto, ci sono diversi aspetti meramente sici di cui tenere conto (spasticità, disre essia, rischio di decubito e di traumi, vescica, intestino) per cui spesso, come si dice in Veneto, “xe più ea fadiga che il gusto”, (e questa “fadiga” comprende difficoltà fisiche ma anche, spesso a ciò conseguenti, psicologiche). E allora ben vengano l’esigenza e l’impegno affinché all’accesso alla sessualità dopo mielolesione sia riconosciuta la dignità delle altre funzioni “riabilitabili” ampiamente descritte nei capitoli precedenti.
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