Medicina rigenerativa e cellule staminali del Sistema Nervoso

 La scoperta di cellule staminali neuronali in alcune regioni del cervello ha rivoluzionato il dogma che per anni aveva dominato le Neuroscienze. Nel 1913, infatti, Santiago Ramon y Cajal giunge alla conclusione che la neurogenesi, cioè la capacità di produrre nuovo tessuto nel sistema nervoso, avesse luogo solo nella vita embrionale. Questa convinzione rimase un dogma nché agli inizi degli anni ’60 un giovane ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, Jospeh Altman, pubblicò una serie di articoli in cui evidenziava la presenza di “nuovi” neuroni in alcune regioni del cervello di animali da esperimento. Ci sono voluti quasi trent’anni prima che la comunità scienti ca accettasse l’idea proposta dal giovane studente ma, con il lavoro e con la forza delle evidenze ottenute con metodi e approcci scienti camente corretti, Altman nì con l’aprire una nuova frontiera nel campo delle Neuroscienze; nel 1989 Sally Temple dimostra la presenza di cellule staminali neurali in alcune zone profonde del cervello e, pochi anni dopo, Reynolds e Weiss isolano quelle cellule staminali da cervelli di animali adulti e le espandono in vitro. Quindi il dogma è rotto: la presenza di cellule in continuo rinnovamento all’interno del tessuto nervoso non è prerogativa della fase embrionale ma viene mantenuta anche in fase adulta. In ne, sia con l’utilizzo di biopsie da soggetti deceduti sia con nuove tecniche di imaging è stato dimostrato che le cellule staminali sono presenti nell’adulto anche nell’uomo.

Nel cervello adulto le cellule staminali neurali sono state trovate inizialmente in piccole zone situate nelle parti profonde del cervello ma più recentemente sono state scoperte cellule staminali anche in altre parti del cervello, come il bulbo olfattorio, la retina e le meningi.

Ma a cosa serve la neurogenesi in età adulta? La loro proliferazione è stimolata nell’animale dall’esposizione a nuovi ambienti stimolanti, da attività motoria, da farmaci antidepressivi nonché da patologie come l’ictus e la lesione traumatica del midollo spinale. Al contrario, le classiche droghe d’abuso inibiscono la proliferazione delle cellule staminali neurali. L’idea che emerge da questi studi è che le cellule staminali del cervello possano rappresentare un altro meccanismo con cui il cervello si adatta (in termini positivi o negativi) agli stimoli. La plasticità (capacità di adattarsi alle condizioni mutate) potrebbe quindi attuarsi non solo modi cando il funzionamento delle sinapsi ma anche modi cando i circuiti nervosi immettendo nuove cellule.

Inoltre, il fatto di vedere cellule staminali dove vi sono lesioni del cervello fa ipotizzare che esse possano anche essere uno strumento di riparazione di danni. In realtà la situazione è estremamente ingarbugliata e persistono ancora molti interrogativi sul signi cato delle cellule staminali nel cervello: sono utili a limitare i danni quando questi sono estesi o possono riparare solo microlesioni? Possono contribuire a rigenerare il tessuto se questo è stato distrutto da un ictus o da una malattia degenerativa? Oppure la loro presenza nelle zone malate danneggia ancor di più il tessuto lesionato?

A queste domande ancora non si è riusciti a dare risposte soddisfacenti. Molti gruppi, tra cui il nostro, stanno cercando di scoprire come fare a modulare (in senso positivo o negativo) le potenzialità di proliferazione e differenziamento delle cellule staminali che normalmente sono presenti nei soggetti adulti. Questi esperimenti hanno un doppio ne:

1. chiarire a cosa servono le cellule staminali normalmente nell’individuo adulto;

2. imparare a modularne la funzionalità con farmaci a scopo terapeutico.

Un altro approccio molto utilizzato è quello dei trapianti. Nell’animale da esperimento questo tipo di studio è relativamente semplice in quanto le cellule staminali da trapiantare possono essere estratte da altri animali o “fabbricate” in laboratorio, come nel caso delle sopracitate iPS (staminali indotte). I dati sull’animale indicano che in alcuni casi i trapianti di cellule staminali possono contribuire sia a ridurre il danno che a stimolare la rigenerazione del tessuto nervoso (Figura 4).


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Tratto da "Blue Book - 201 risposte alla mielolesione" di Mauro Menarini e Judit Timar,
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